La scuola medica salernitana
Salerno sorge sul mare ed è contornata da montagne. La sua particolare posizione geografica le conferisce un clima ideale.
E’ una città che ha origini antichissime, che si perdono nel mito. Deve il suo sviluppo a una “mescolanza” di contributi, apportati dai diversi popoli del Mediterraneo, e dai popoli nordici come i Longobardi e i Normanni che sono stati protagonisti della sua storia nel periodo del massimo splendore.
Già durante l’Impero Romano, Salerno era una città nota come luogo ideale per il riposo e le cure.
Negli archivi e nelle biblioteche di tutta l’Europa si trova una considerevole documentazione che parla della Scuola Medica Salernitana.
Donne medico della Scuola Medica Salernita in celebre dipinto.
La Scuola Medica Salernitana, strutturata come una vera e propria Università, ha avuto il massimo sviluppo e riconoscimento in tutto il mondo occidentale tra il X e il XIII secolo. Molti considerano la Scuola Salernitana la prima vera Università del mondo occidentale. Non vi si insegnava soltanto la medicina, ma anche il diritto, la logica, la filosofia, la teologia, la botanica.
Perfino durante il regno di Federico II, che aveva fondato l’Università di Napoli, i medici dovevano ricevere il diploma di laurea presso la Schola Salernitana, affinchè i loro studi fossero ufficialmente validi.
La Scuola Salernitana del resto, ha creato le basi della medicina scientifica, recuperando sia le conoscenze ippocratiche che il pensiero di Aristotele, ambedue espressioni della cultura greco-latina.
Il grande merito dei medici salernitani, è stato quello di sviluppare l’osservazione dei fenomeni clinici e la pratica alimentata giorno dopo giorno dall’esperienza, senza tuttavia trascurare l’impegno dello studio teorico.
I concetti presenti nella medicina moderna, per esempio quelli di diagnosi, di prognosi, e in particolare di prevenzione, sono stati sviluppati a Salerno. Ed erano tutti concetti assolutamente nuovi per i tempi.
I medici salernitani hanno anche prestato grande attenzione allo stile di vita, alla psicologia, all’alimentazione, e pure in questi campi hanno preceduto di secoli lo sviluppo della medicina moderna.
Perfino l’uso attento e sperimentale dei farmaci, supportato da una grande conoscenza della botanica e delle piante medicinali, che è un aspetto molto importante della medicina, è iniziato a Salerno.
E proprio a Salerno è stato istituito il primo Orto Botanico dell’Occidente.
Secreta Salernitana
È uno dei tanti nomi con cui vengono designati i libri dei medicinali risalenti alla scuola di Salerno.
Il Codice Egerton 747 della British Library, uno degli esemplari più antichi trascritti dall’originale manoscritto latino, contiene i Secreta Salernitani, ossia un testo illustrato e scritto nei primi decenni del XIV secolo, in area salernitana.
Un altro campo di studio assolutamente innovativo della Schola riguarda la ginecologia e l’ostetricia, che sono state sottratte alla sfera della superstizione e rese discipline mediche. E ancora dobbiamo ricordare le grandi innovazioni della chirurgia, dell’oculistica, della traumatologia, che proprio a Salerno hanno sviluppato le loro basi.
Le Origini
Il mito delle origini
Il problema delle origini della Scuola è stato affrontato da molti studiosi, che hanno avanzato diverse ipotesi.
La presenza di una attività didattica, di studio e di cura, sicuramente è presente già dal X secolo, anche se poi sarà nei due o tre secoli seguenti che si avrà la massima organizzazione, e il riconosciuto prestigio in tutto il mondo. Però esistono notizie di medici illustri già dal IX secolo.
In varie cronache si trovano riferimenti a medici salernitani. Un ignoto cronista di Minori, al tempo del prefetto Pulchari (874-883), racconta la storia della giovane sposa Teodenanda che gravemente malata, viene condotta dai familiari a Salerno dall’archiatra Gerolamo, il quale dopo aver consultato i testi medici di una ben fornita biblioteca (librorum immensa volumina) è costretto a deludere le speranze in lui riposte perché non è in grado di curare la ragazza, che viene quindi ricondotta a Minori dove sarà poi miracolata da S.Trofimena, la protettrice del paese.
Molto probabilmente la Scuola non è stata mai fondata e quindi non esiste un preciso anno di nascita. Esiste però una tradizione terapeutica della città, considerata da sempre come luogo favorevole alle cure, che si è mantenuta viva attraverso l’azione e lo studio di medici attorno ai quali si sono formati gruppi di studenti che hanno permesso una continuità di studio e di approfondimento della medicina.
Lo studioso Ebner in seguito alle recenti scoperte archeologiche fatte a Velia ha ipotizzato una relazione e una continuità tra una scuola medica sorta a Velia, dove aveva insegnato anche Parmenide, e lo sviluppo della tradizione medica salernitana prima, e poi di una vera e propria scuola di Salerno.
Velia, una località che si trova nel Cilento, più a sud di Salerno, fu colonizzata nel 540 a.C. da Joni di Focea, esuli di Alalia.
Negli scavi degli ultimi anni sono emerse alcune epigrafi che ricordano altrettanti medici di Velia, conosciuti come capiscuola.
Inoltre su alcune monete di Velia del IV e III secolo A.C. si nota la presenza del serpente, simbolo di Asklepio.
Tutti questi elementi hanno indotto Ebner a stabilire l’esistenza a Velia di un collegio medico, o meglio di “un collegio di maestri, libera ed autonoma associazione di dotti”, della quale sicuramente facevano parte anche alcune donne. Secondo Ebner esistevano gruppi di medici organizzati in Eteria (termine che significa lega o consorteria, derivante da hetairoi che significa compagni).
È stata anche scoperta una statua di Asklepios, dal viso dolcissimo, perché lo scultore volle accentuare in essa i tratti della profonda umanità del dio.
Inoltre sono stati trovati frammenti di un altare e di un pozzo, caratteristici dei santuari del dio della medicina, che giustificano la presenza dell’attiguo sotteraneo per il culto infero del dio, dove è stata trovata una stele dedicata a Parmenide.
Per la prima volta dunque, attraverso questi frammenti che lo ricordano come fisico, ma anche come fisiologo e perciò medico, si ha una testimonianza concreta della presenza del grande filosofo eleatico. Infatti in un’iscrizione ritrovata in questi frammenti c’è un preciso richiamo all’Ouliades. E cioè il chiaro riferimento ad Apollo Oulios ( medico) soprattutto dell’anima, perché i mali fisici dell’essere umano Apollo li alleviava attraverso Asklepios, che il mito volle suo figlio, il quale ispirava famosi precetti di arte salutare.
Velia insomma era un centro culturale, ma era anche un punto obbligato di passaggio per chi si recava al sud e specialmente in Sicilia. Vi dimorò spesso Cicerone, ma anche Bruto con la moglie Porzia. Vi si recò inoltre Orazio, per consiglio di Antonio Mura, il celebre medico che aveva guarito Augusto.
Dopo la caduta dell’Impero Romano, le incursioni barbariche indussero gli ultimi medici di Velia a trasferirsi in città più grandi e sicure, e tra queste Salerno era sicuramente la più vicina e famosa.
Probabilmente già all’epoca operavano a Salerno gruppi di medici di tradizione latina, e si può ipotizzare che l’arrivo di medici provenienti da Velia sia stato determinante, al fine di orientare l’organizzazione della Scuola sui modelli eleatici.
È affascinante ipotizzare una certa continuità tra una Scuola di Medicina di Velia, e la crescita e l’evoluzione della Scuola Medica Salernitana.
Sicuramente Salerno con la presenza del porto e della sua attività commerciale, e anche per la vicinanza di Amalfi, è stata soggetta a molti influssi culturali.
Ma bisogna ricordare che la città già all’epoca dell’arrivo dei coloni romani, aveva assunto un ruolo importante nel territorio. Da allora Salerno è stata sempre legata alle sorti di Roma, a cui è rimasta fedele fino all’ultimo. Questa continuità di atteggiamento, riconosciuta e apprezzata dai Romani, ha permesso un notevole sviluppo della città, nel segno della cultura latina.
Ma particolarmente nel campo medico, a Salerno, è stato determinante anche l’influsso greco, sia indirettamente tramite Roma, direttamente tramite Velia e Paestum, per aggregare quella parte di conoscenze terapeutiche che sono proprie della tradizione greco-latina.
Salerno una leggenda delle origini
Si racconta che un pellegrino greco, di nome Pontus, si fermò nella città di Salerno e trovò rifugio per la notte sotto gli archi dell’antico acquedotto dell’Arce. Scoppiò un temporale ed un altro viandante malandato, un latino di nome Salernus, si riparò nello stesso luogo. Costui era ferito ed il greco, dapprima sospettoso, si avvicinò per osservare da vicino le medicazioni che il latino praticava alla sua ferita. Nel frattempo erano giunti altri due viandanti, l’ebreo Helinus e l’arabo Abdela. Anche essi si dimostrarono interessati alla ferita. Alla fine scoprirono che tutti e quattro si occupavano di medicina. Decisero allora di creare un sodalizio e di dare vita ad una Scuola dove le loro conoscenze potessero essere raccolte e divulgate.
La leggenda delle origini, ci ricorda il contributo importante degli ebrei presenti a Salerno, e il contributo ancora più importante degli arabi, basti pensare alla figura straordinaria di Costantino l’Africano.
Quindi sicuramente la Scuola, intesa come centro di studio, di ricerca e di cura, si è sviluppata lentamente attraverso il contributo di singoli medici, e attraverso l’incontro delle conoscenze greco-latine, e anche arabe ed ebraiche.
Infatti civiltà diverse, portatrici di elementi culturali specifici ed autonomi, hanno potuto stabilire relazioni tra loro, grazie al ruolo decisivo del Mediterraneo.
La cultura greca, di cui Ippocrate è stato il massimo rappresentante, ha posto le basi della medicina sperimentale e scientifica, tramandata al Medioevo proprio dalla Scuola Medica Salernitana.
Si trattava di una medicina che si contrapponeva, ma nello stesso tempo si integrava, ad altre forme di medicina, per esempio quella magica, oppure quella religiosa e templare che si identificava al culto di Apollo Sanatore e di Asclepio suo figlio ( le due divinità che presiedevano alla salute e alla lotta contro le malattie), praticate da gran tempo nell’antichità, entro e fuori della Grecia,
Le cognizioni mediche di Ippocrate, nato a Coo nel 460 a.C., sono state rivoluzionarie. Il suo ricettario era ampio ed efficace. Comprendeva purganti, quali il ricino e l’elleboro. Diuretici, come il prezzemolo ed il sedano. Astringenti, come la corteccia di quercia. Emetici (sostanze che provocano il vomito), quale l’isoppo. Narcotici, quali la belladonna e l’oppio.
Ippocrate
Tutto il sapere medico della Scuola Ippocratica, farmacopea compresa, non è stata altro che l’organizzazione scientifica di conoscenze, acquisite da millenni in Africa settentrionale ed in Asia. Il merito della tradizione di Coo è stato quello di sistematizzare un patrimonio di conoscenze e di pratiche terapeutiche che anche in altri luoghi della stessa Grecia aveva trovato sviluppo, in epoche precedenti.
I medici di Coo hanno portato la medicina al di fuori dell’area sacerdotale e ieraticamente misteriosa, che aveva caratterizzato la setta medica egizia e gran parte di quella greca, ed hanno messo il loro sapere e le loro tecniche a disposizione di tutti, senza distinzione di censo e di ceto sociale. Sono stati i veri fondatori del metodo scientifico, sgombrando il campo da ogni fattore soprannaturale. Persino le malattie per l’epoca più misteriose sono state da loro studiate con metodo obiettivo. Nel Trattato intorno al male sacro (epilessia) di Ippocrate si legge: ” Mi sembra che il male sacro non sia più divino di qualsiasi altra malattia. Ha una causa naturale come l’hanno le altre malattie. Gli uomini lo credono divino solo perché non lo capiscono. Ma se chiamassero divino tutto ciò che non capiscono, allora non ci sarebbe limite alle cose divine. “.
L’altro grande faro greco della storia della medicina è stato Galeno, che ha elaborato la medicina come sintesi tra arte e scienza, e come complessa articolazione disciplinare (anatomia, fisiologia, neurologia, etc.).
Tutti gli studi, sia classici che recenti, da Oskar Kristeller a Massimo Oldoni, hanno evidenziato, oltre all’influenza della cultura greco-latina, l’apporto e l’ influsso essenziale della cultura araba e di quella ebraica, nella formazione della Scuola Medica Salernitana,
Tra l’Ottocento e il Mille il mondo arabo è giunto al suo massimo splendore, come civiltà e cultura.
In particolare, quattro sono i campi in cui la civiltà araba ha avuto grande importanza e ha esercitato un influsso decisivo sulla civiltà occidentale:
la letteratura, la musica, la filosofia, la scienza.
Gli arabi hanno contribuito in maniera determinante allo sviluppo della scienza moderna. Senza di loro non avremmo avuto né la medicina moderna, né l’acquisizione delle cifre e del calcolo numerico, né la geografica che essi, grandi esploratori del mondo, hanno avuto modo di sperimentare e mettere a punto nei loro avventurosi viaggi.
Bisogna ricordare che in Occidente la maggior parte dei classici, sia latini che greci, erano andati perduti, e che la cultura araba ha avuto il merito di preservarli, permettendoci in seguito riscoprire, compreso lo stesso Aristotele.
Nell’XI secolo poi Alfano e Costantino l’Africano, da veri mediatori culturali, hanno contribuito con le loro opere ad allargare l’orizzonte culturale dei medici salernitani. Infatti, come è ben documentato, Alfano ha fatto conoscere la medicina greca classica, e Costantino la scienza araba. Entrambe costituiranno fino al settecento punti di riferimento essenziali.
Si è anche molto discusso dell’origine laica, o conventuale, o vescovile della Scuola.
Ormai la maggior parte degli studiosi abbraccia la tesi di un’origine laica della Scuola. A far propendere verso questa ipotesi è la documentazione acquisita che testimonia la cultura di cui la Scuola era intrisa, e la formazione che impartiva.
È evidente che il contesto religioso, specialmente nei secoli XI e XII, non poteva prescindere dalla presenza e dallo sviluppo di una istituzione come quella della Scuola.
La creazione dei primi ospizi, degli ospedali, il ruolo di alcuni vescovi, medici essi stessi, il prestigio della cattedrale dove venivano consegnate le lauree ai neo-dottori, erano tutti occasioni di legami con le istituzioni ecclesiastiche, anche se non c’era un rapporto organico con le stesse.
Nel 820 d.C. l’arciprete Adelmo aveva organizzato a Salerno, nei pressi del cenobio di San Benedetto un’infermeria che, in seguito fu aggregata al medesimo convento.
Nell’865 il principe longobardo Gualferio edificò nei pressi del palazzo una chiesa intitolata a S.Massimo, cui fu annesso un “hospitium” per vedove e orfani, affidato alle cure dei Benedettini, forse il primo conosciuto a Salerno.
Almeno a partire dal IX secolo Salerno vantava libere associazioni di maestri e di studenti per l’apprendimento teorico-pratico della medicina.
All’inizio la Scuola ha una impostazione essenzialmente pratica, che soltanto successivamente diventa più elevata sul piano dottrinario.
E’ significativa al riguardo quanto tramandato circa un episodio verificatosi nel X secolo in Francia. Si narra di un medico salernitano che pur non facendo bella figura, sul piano dell’erudizione, nei confronti di un tale Deroldo, medico francese molto dotto, viene però accreditato di una maggiore intelligenza, e soprattutto di una maggiore concretezza.
Questo conferma che da una fase essenzialmente pratica, (comunque derivata dai dettami ippocratici-galenici), solo molto gradualmente la Scuola passò anche
all’ insegnamento teorico, che tuttavia acquistò nel corso del tempo altissimo rilievo.
Anche le donne, fatto veramente rivoluzionario per i tempi, venivano ammesse agli studi e alla pratica medica, e partecipavano a pieno titolo alla Schola.
Una scuola di medicina non laica avrebbe mai potuto ammettere e incoraggiare la partecipazione delle donne?
Una delle donne più famose della Scuola Medica Salernitana è stata Trotula De Ruggiero.
Vissuta nella metà del’XI secolo, Trotula de Ruggiero, appartenente alla nobile famiglia De Ruggiero, figlia di medico, moglie di medico e anche madre di medico, ha scritto importanti trattati, arrivati fino a noi e ha insegnato nella Scuola.
Molto esperta in campo ginecologico ha scritto “De Mulierum passionibus in, ante e post partum”. Suo marito Giovanni Plateario fu, a sua volta, il capostipite di una lunga generazione di medici.
Diversi sono i racconti e le leggende in cui Salerno è protagonista di episodi legati alla malattia e alla medicina.
La prima storia racconta di Sibilla, figlia del conte di Coversano, di cui conosciamo solo la data della morte, il 1103. Sibilla era sposata con Roberto, duca di Normandia, crociato in Terrasanta dove viene colpito da una freccia avvelenata al braccio destro. È la cangrena; l’ultima speranza la Scuola di Salerno, dove il duca approda con la moglie. I medici scuotono la testa: il veleno deve essere succhiato da qualcuno disposto ad affrontare la morte. Sibilla si offre, il marito rifiuta, ma quando si addormenta, la sua donna succhia il veleno e muore.
Meno noto è l’episodio di Elsie, l’eroina del “Povero Enrico”.
Si tratta una romanza cantata da un trovatore del XIII secolo.
Questa è la storia:
Enrico, erede al trono di Germania, è un giovane principe di nordica bellezza, oltremodo caritatevole e magnanimo, che venne sventuratamente contagiato dalla lebbra. Quel viso tanto leggiadro si trasfigurò orribilmente, trasformandosi in modo ripugnante, tanto che i sudditi che lo amavano fino alla venerazione, lo chiamarono da allora “il povero Enrico”.
Inutili risultarono le cure dei medici e le magie dei negromanti. La situazione peggiorava ogni giorno di più, e ormai la disperazione più profonda aveva invaso parenti e cortigiani che piangevano in dolorosa prostrazione. Ma un giorno, all’alba ecco che il diavolo compare al giovane principe, è travestito da medico errante e, con voce melliflua, così sussurra al povero Enrico: “ Mio caro e disgraziato giovane principe, perché vuoi morire orribilmente martoriato da un male così schifoso? Tu puoi guarire! Basta soltanto che venga fatto quello che hanno prescritto per te i grandi Maestri della famosa Scuola di Salerno, e cioè:
“ Potrai riacquistare le tue belle sembianze, lavando le tue piaghe col sangue di una giovane vergine. Questa però però deve sottoporsi al tremendo sacrificio non per obbedire agli ordini del re tuo padre, ma per il grande amore che nutre per te.”.
Questa la notizia si diffonde per tutte le contrade, e nel reame rinasce la speranza. Ed ecco che Elsie, leggiadra ed unica figlia del più ricco vassallo del regno, innamorata segretamente di Enrico si presenta davanti a lui, offrendosi spontaneamente al grande olocausto, col sorriso sulle labbra ed una profonda gioia nel cuore.
Ma il principe rifiuta decisamente l’offerta sublime della vergine e decide di andare a Salerno per appurare se è vero che quei medici abbiano prescritto una terapia tanto crudele. La leggiadra Elsie però riesce ad ottenere da suo padre, con pianti e digiuni, il permesso di unirsi alla carovana per essere accanto al suo amato principe.
Dopo giorni e giorni di estenuante cammino, finalmente la lunga carovana entra, nella sospirata Salerno, fermandosi all’attuale largo Antica Corte, proprio mentre in quella chiesa di San Pietro un giovane stava conseguendo la laurea Magister artium et Phisices.
Così viene descritta la solenne funzione dalle cronache dell’epoca:
“ Allora viene la disputa per gradi
con tutti i più vecchi ed abili critici.
La pubblica tesi e la spiegazione
di un passo di Ippocrate
o degli Analitici di Aristotile.
Indi trionfante Maestro sta!
Un libro è solennemente posto nelle sue mani,
sul quale egli giura di seguire la regola
e le antiche forme della buona vecchia scuola:
di riferire se qualche speziale
mescola le sue droghe con materie estranee.
E di visitare i suoi malati due volte al giorno
ed una volta nella notte, se vivono in città,
e se sono poveri di non prendere paga.
Avendo sinceremante promesso queste cose,
la sua testa è coronata con una corona di lauro.
Un bacio sulla sua guancia, un anello alla sua mano
il Magister artium et Phidices
va via dalla scuola come un signore del paese”.
I pellegrini che accompagnavano il Principe rimasero esterrefatti davanti allo spettacolo che si offrì loro, all’uscita dalla chiesa del giovane neo dottore: lancio di fiori di campo, di profumate rose rosse, grida di gioia, ovazioni, abbracci da parte di amici e parenti, che sfociarono in una chiassosa ed allegra festa.
Intanto il principe Enrico, prima di presentarsi davanti ai maestri della Scuola, vuole recarsi al Duomo per rendere omaggio, in profonda devozione, all’apostolo Matteo, ivi sepolto.
Giunti al sepolcro del Santo, i pellegrini, oranti in lacrimosa nenia, si buttano a terra, gridando commoventi parole, in una straziante supplica.
Ed ecco il miracolo!
Improvvisamente, Enrico, spinto da una forza arcana, si alza in piedi, solleva le braccia al cielo, gira tutt’intorno gli occhi che cominciano a splendere di una nuova luce, e si mette a parlare nella sua lingua con voce chiara ed allegra. Pone domande, dà risposte, misteriosamente dialogando con qualcuno che egli soltanto vede ed ascolta. Quando Enrico si volta verso la turba orante, appare più bello di prima, libero da ogni segno di quel terribile male che lo aveva terribilmente deturpato per tanti mesi. E’ un vero delirio di gioia per tutti i pellegrini.
Tutta la città partecipa al grande evento miracoloso e quelli si trasformano in giorni di feste e di solenni funzioni religiose.
Il principe Enrico elargisce immensi doni alla Chiesa ed alla cittadinanza. E per finire, su quello stesso altare sul quale si è verificato il miracolo, la vergine Elsie viene unita in matrimonio all’amato principe.
L’opera più famosa e conosciuta della Scuola Medica Salernitana, che ha avuto una diffusione in tutto il mondo occidentale per secolie che ancora oggi viene continuamente ristampata è il Regimen Sanitatis Salernitanum, conosciuto anche come il Flos Medicinae Salerni.
È un poema didascalico che offre i rimedi giusti per ogni sofferenza, dettandoci le buone norme per vivere sani. Norme che demoliscono quel fanatico misticismo medioevale che imponeva la privazione della carne, la mortificazione dello spirito, l’astinenza dal piacere e induceva ad avere un sacro orrore tutto ciò che poteva rendere più dolce e dilettevole la vita.
Il Regimen Sanitas Salernitanum conduce chi lo consulta alla comprensione che valersi, con giusta moderazione, dei beni terreni che la natura ha elargito è in armonia con le sue leggi.
La scuola cessò la sua attività in seguito ad un decreto sul riordinamento della pubblica istruzione, datato 29 novembre 1811, emanato da Gioacchino Murat.
Paul Oskar Kristeller, ritenuto da molti il massimo studioso della Scuola, in un suo saggio del 1956 scrive: “La scuola di Salerno è stata a giusto titolo famosa come la prima e la più importante Università dell’Europa Medioevale, come primo e più importante fra tutti i luoghi della medicina”.
Il 18 ottobre 2005, il Ministro dell’Istruzione, il Presidente della Regione, il Presidente della Provincia, il Sindaco di Salerno e il Rettore dell’Università di Falerno, hanno firmato il Protocollo d’Intesa per l’istituzione della facoltà di medicina nell’Università di Salerno.